Psicofarmacopsicoterapia

Prospettiva postmoderna per una prassi psichiatrica integrata

Salvatore Freni

La psichiatria che si affaccia al terzo millennio non può più eludere
la soluzione di una questione centrale, sul piano del suo fondamento
teoretico e soprattutto clinico pratico, che si trascina fin dalla
notte dei tempi e che lo stesso Platone fa discutere a Socrate nel
Carmide, il dialogo della saggezza. Si tratta della necessità di integrare
in modo creativo nel campo della pratica clinica il sapere biologico
e il sapere psicologico superando la ultramillenaria scissione e
contrapposizione tra biologismo e psicologismo.
Scissione e contrapposizione già molto dannosa sul piano dell’avanzamento
delle conoscenze rispetto al rapporto psiche/mente/
/anima/soma/cervello, ma ancor più sul piano della formazione
dei professionisti della salute mentale capaci di utilizzare integrando
al meglio, con agilità flessibilità e creatività i rimedi farmacologici e i
rimedi psicologici.
È chiaro che il destinatario finale delle possibili conseguenze dannose
di tale scissione e contrapposizione è il paziente che si trova
esposto a danni iatrogeni sia che venga spinto verso una dipendenza
da farmaci per tutta la vita sia che venga inutilmente curato in psicoterapia
protraendo nel tempo il suo stato di sofferenza perché il suo terapeuta è contrario al farmaco.

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